Generale Giuseppe Morabito membro del Direttorio della NATO Defence College – L’attacco, atteso da qualche tempo, dell’aeronautica israeliana contro l’Iran ha avuto notevole successo. Con tre ondate, l’aeronautica israeliana non solo ha colpito i principali obiettivi missilistici e di difesa aerea in Iran, ma ha anche dimostrato di essere in grado di dominare i cieli di tutto il Medio Oriente, prendendo di mira se deciso, anche Teheran.
Le valutazioni internazionali sono, tuttavia, molto vaghe, poiché l’esito della risposta israeliana relativamente contenuta va analizzato in un prossimo futuro. Alcuni analisti, considerando che la reazione israeliana è stata coordinata con Washington, si aspettano che questo possa essere un segnale significativo da parte di Israele alla leadership estremista sciita in Iran che non è disposta ad accettare un accordo. Anche le attuali reazioni dell’Iran sono molto moderate, indicando una possibile volontà di Teheran di non mettere ulteriore benzina sul fuoco.
Le reazioni provenienti dai funzionari iraniani sono molto fredde. In una dichiarazione rilasciata dall’esercito iraniano, quest’ultimo ha affermato che gli attacchi israeliani hanno danneggiato solo i sistemi radar, senza scalfire realmente le capacità dell’insieme delle forze armate. Teheran ha inoltre ribadito che la maggior parte degli attacchi israeliani sono stati sventati dalle difese aeree del Paese. Quanto precede, appare solamente a favore della propaganda interna per non indebolire l’immagine del governo iraniano,
Altre fonti più attendibili, tuttavia, hanno confermato che gli attacchi israeliani hanno avuto molto successo, colpendo importanti siti radar, sistemi missilistici antiaerei e diverse fabbriche primarie di droni e missili iraniani.
Sottostimato, ma allo stesso tempo cruciale, è che l’aeronautica israeliana è stata in grado (o ha ricevuto il permesso) di sorvolare lo spazio aereo arabo di almeno due paesi (Giordania-Arabia Saudita) o anche tre o più (Iraq, Siria) per colpire l’Iran senza essere ostacolato o subire problemi mentre entrava nello spazio aereo dei citati paesi. Quest’ultimo fatto è importante se si considera il conflitto in corso tra Israele e i gruppi terroristi sciiti di Hezbollah e Hamas. Tale conflitto ha visto il sostegno delle milizie irachene, delle forze siriane e degli Houthi ma mostra anche chiaramente la forza dell’aeronautica israeliana. Alcune fonti americane hanno indicato che Israele molto probabilmente è stato in grado di utilizzare le aree controllate dagli Stati Uniti in Iraq e allo stesso tempo utilizzare i dati forniti dai radar e dai satelliti statunitensi. Allo stesso tempo, si suppone che l’aeronautica israeliana abbia distrutto le difese aeree nella rotta verso l’Iran in Siria e Iraq, e in Iran i radar S-300/S-400 (gli stessi che la Turchia ha acquistato dalla Russia). È emersa anche la notizia che Israele ha colpito le fabbriche iraniane di carburante per missili balistici, ritardando, per anni e certamente, lo sviluppo questi ultimi. Le informazioni più recenti indicano che i siti presi di mira sono essenziali per le operazioni missilistiche dell’Iran e per lo sviluppo e il potenziamento dei missili balistici e dei droni (molti dei quali inviati alle forze armate russe).
Il Ministro degli Affari Esteri iraniano Abbas Araghchi ha affermato: “L’Iran ha il diritto all’autodifesa e si considera autorizzato e obbligato a difendersi da atti di aggressione straniera”. Araghchi ha anche ribadito che l’Iran “non ha limiti” nel difendere i propri interessi. Tuttavia, sorprendentemente, l’esercito iraniano ha già dichiarato che qualsiasi attacco di ritorsione iraniano potrebbe essere fermato da un cessate il fuoco nelle offensive di terra israeliane a Gaza e in Libano.
Apparirebbe comunque poco possibile che si possa verificare una reazione positiva da parte di Israele, poiché chi conosce il teatro di combattimento, concorda sul fatto che un cessate il fuoco al momento non lascia alcun vantaggio a Israele, finché Hezbollah non sarà neutralizzato o gli ostaggi rilasciati.
Considerando un altro punto di vista nell’attuale situazione, non ci sono segnali che questa mossa militare israeliana sia un segno di un’operazione militare attenuata o contenuta. Ci sono molti dubbi sulle ipotesi di alcuni esperti e media internazionali che affermano che l’azione moderata di Israele potrebbe persino portare a una possibile apertura per istituire un cessate il fuoco o addirittura una soluzione per porre fine al conflitto tra l’Iran e i suoi “proxy terroristi” e Israele.
I mercati energetici stanno informando ancora una volta che non vi sono reali ricadute geopolitiche per i mercati o i prezzi del petrolio greggio e del gas naturale (GNL), poiché Israele non ha attaccato alcun sito nucleare o energetico in Iran. In sintesi, i prezzi del petrolio di lunedì saranno probabilmente contenuti.
In buona sostanza l’obiettivo principale di tutta la strategia israeliana (che forse dovrebbe essere anche quella occidentale) è quello di porre fine non solo alle minacce di gruppi terroristici come Hamas e Hezbollah, ma anche di eliminare la minaccia iraniana e influenza di Teheran in tutta la regione. Per tagliare la testa al Serpente (il regime dei mullah iraniani), è necessario prima neutralizzare Hamas e Hezbollah (il ruolo degli Houthi non è nemmeno preso in considerazione, poiché non rappresentano una minaccia esistenziale per Israele).
Quando si affronta l’esercito iraniano per rimuovere il finanziatore e il cervello dell’Asse della Resistenza, qualsiasi operazione militare guarda innanzitutto alla rimozione della principale minaccia per le forze israeliane dentro l’Iran. L’operazione militare dei giorni scorsi riguarda, infatti, solo i sistemi di difesa aerea, le capacità operative radar e la base industriale per droni e razzi. I primi dati mostrano che questi erano gli obiettivi che non solo sono stati colpiti ma anche distrutti senza vittime israeliane. Il fatto che l’aeronautica israeliana sia stata in grado non solo di colpire tutti gli obiettivi, ma di farlo quasi impunemente, non ha sorpreso solo gli iraniani ma probabilmente anche lo stesso Israele.
Aspettarsi che le ultime azioni dell’IDF rappresentino la fine del piano strategico israeliano per l’Iran è molto probabilmente una sottovalutazione dell’impegno del governo israeliano nei confronti con l’Iran. Anche se i paesi arabi chiedono la fine dello scontro tra Iran e Israele, non si può dimenticare che le azioni israeliane non possono raggiungere l’Iran senza attraversare il mondo arabo. Riyadh, Manama, Doha e Abu Dhabi sono anche preoccupate che l’Iran possa reagire non solo contro obiettivi israeliani, ma colpisca allo stesso tempo le infrastrutture arabe per il petrolio e il gas. Le valutazioni secondo cui le potenze del Golfo Arabico starebbero cercando di calmare l’Iran si basano su presupposti errati o fuori dalla realtà. Le forze armate arabe comprendono che al momento non sono in grado di resistere ad alcuna azione iraniana, almeno non senza ammettere che hanno bisogno degli Stati Uniti e degli altri alleati occidentali. Riyad, Abu Dhabi o Doha, che si avvicinano a Mosca e Pechino, sanno che entrambe le parti non sono disposte e non sono in grado di proteggere gli interessi arabi.
Militarmente, il vantaggio è chiaro, poiché l’aeronautica israeliana ha assoluta supremazia aerea e può decidere quali obiettivi sono di suo gradimento. Affermare che il confronto con l’Iran è ormai finito o addirittura che il conflitto è risolto è illusorio ed è chiaro che un prossimo obiettivo sarebbero le infrastrutture per gli idrocarburi e gli impianti nucleari dell’Iran. C’è chi pensa che aspettare troppo a lungo significherebbe dare un vantaggio agli estremisti più irriducibili in Iran che potrebbero accelerare il loro programma nucleare.
Gerusalemme comprende che Trump e Harris non sono disposti, in questi giorni, a perdere voti e potere vincolando troppo gli israeliani.
Colpire l’Iran è stato comunque anche un vantaggio per gli interessi occidentali in Ucraina (i droni iraniani avranno una battuta di arresto per quanto riguarda le forniture a Mosca) o anche per la Cina Popolare (non colpire i porti con i terminali di petrolio-gas iraniani consente a Pechino di continuare a rifornirsi delle fonti energetiche vitali per la sua economia, oggi non più florida).
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